Quando un immobile viene concesso in locazione, all’inquilino affittuario spetta per legge il pagamento delle spese condominiali (servizio di pulizia, funzionamento e ordinaria manutenzione dell’ascensore, fornitura di acqua, energia elettrica e riscaldamento, spurgo dei pozzi neri, altri servizi comuni, portineria al 90%) . E deve essere il proprietario (non l’amministratore condominiale) a richiedere all’inquilino il pagamento di tali oneri.
Quando l’inquilino moroso non adempie al pagamento delle rate condominiali a lui spettanti, il proprietario è ritenuto l’unico responsabile nei confronti del condominio (essendo comproprietario delle parti comuni e quindi in quanto tale tenuto al pagamento per manutenzione e consumo). Per legge, dunque, anche se l’inquilino non paga ciò che gli spetta, l’amministratore è obbligato a rivolgersi al padrone di casa e riscuotere forzosamente le quote condominiali nel termine massimo di 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio gestionale nel quale il credito non riscosso sia compreso (a meno che l’assemblea non lo esoneri espressamente da tale obbligo).
Ne consegue che in caso di mancato pagamento, dunque, l’inquilino è responsabile di inadempimento contrattuale nei confronti del locatore e non del condomino. Spetta al proprietario, poi, rivalersi sull’inquilino, che chiaramente è tenuto a rimborsare le spese condominiali ordinarie al padrone di casa.
L’affittuario, entro 60 giorni dalla richiesta del proprietario, dovrà provvedere a effettuare il pagamento. L’art. 5 della legge 392/1978 stabilisce il diritto del proprietario ad avviare lo sfratto per morosità in tutti i casi in cui l’importo dovuto supera il limite di due mensilità. Se l’inquilino, quindi, continua a non pagare le rate condominiali, il proprietario ha la facoltà di sfrattarlo.
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